https://www.comune.naro.ag.it/vivere-il-comune/storia-della-citta/tradizione/tradizione-generalita/
https://www.comune.naro.ag.it/vivere-il-comune/storia-della-citta/tradizione/folkloristica-primavera-narese/
Religiosa: La Settimana Santa
I riti pasquali che vanno sotto il nome di Settimana Santa, vengono celebrati a Naro con una rappresentazione drammatica – religiosa molto commovente e particolarmente sentita.
Tale rappresentazione ha origini molto antiche e si rifà al Mortorio, opera drammatico – religiosa, ideata e rappresentata la prima volta l’11.03.1807 nel convento del Carmelo, ad opera del dott. Calogero Marchese con il titolo di Mortorio di Cristo, con molti personaggi, come attesta Fra Saverio. In verità, una sacra rappresentazione di scene del nuovo ed antico testamento era già avvenuta nel 1759 per opera del dott. Paolo Castelli, insigne medico ed esperto archeologo (1726-1800) ed, ancora, con larga partecipazione di personaggi, la Domenica delle Palme nell’anno 1774. Le caratteristiche rappresentazioni venivano riprese e portate in scena con successo negli anni 30′ dai giovani della Piccola Filodrammatica Narese, nell’ex Teatro Comunale (costruito nel 1866 ed eliminato negli anni del dopoguerra), sito nei locali a piano terra del Palazzo Comunale, oggi sede della Biblioteca “Feliciana” ed in tanti paesi dell’Agrigentino. |
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Ancora oggi si ricordano i bravissimi attori che si sono esibiti negli anni 30′: Pietro Gueli Alletti, Giuseppe Amico, Calogero Porcello, Giuseppe Camilleri, Gaetano Viccica, Calogero Viccica, Salvatore Morgana e Vincenzo Patronaggio (foto 76).
Ed ora questa felice tradizione rivive e continua, per interessamento degli attori dell’Associazione Culturale Calogero Gueli Alletti e del Teatro Popolare Città di Naro, con il Patrocinio dell’Amministrazione Comunale (foto 77 e 79). Portano, infatti, in scene itineranti, con particolare grandiosità, le sacre rappresentazioni dei riti della Settimana Santa, con inizio la Domenica delle Palme per, poi, continuare tutta la settimana fino al Venerdì con la Via Crucis ed a scinnenza cruci, per concludersi, la Domenica di Pasqua, con A risuscita, quando si celebra A sguondru (foto 78) dei simulacri della Madonna e del Cristo risorto, tra due ali di folla plaudente ed in festa. |
S.S. Cosma e Damiano
I cittadini di Naro sono molto legati a questa ricorrenza, che si celebra il 26-27 Settembre. La festa risale agli inizi del 700′, al tempo di P. Prospero Favara,guardiano del convento di Sant’Agostino.
Era caratterizzata da una solenne processione dei simulacri dei due Santi gemelli, Cosma e Damiano, protettori dei barbieri, perché questi anticamente esercitavano anche l’arte medica, che partiva dalla chiesa di Sant’Agostino e da una importantissima fiera di animali ed attrezzi agricoli. Secondo la testimonianza di Vito Amico, la fiera dei S.S. Cosma e Damiano, quella di San Iacopo (1622), che si teneva nel piano dei Gesuiti (nella piazzetta antistante la Chiesa Madre) e quella di San Calogero (dispaccio del tribunale del Real Patrimonio nell’anno 1585), erano tra le fiere più importanti ed antiche dell’Isola. Da qualche anno l’Amministrazione Comunale si adopera per recuperare questa antica tradizione. |
Festa dell’Immacolata
È una delle festività più sentite dai cittadini di Naro.Viene celebrata ogni anno l’8 dicembre con una solenne processione, con grande partecipazione di popolo, attraverso le principali vie urbane.
Viene portato in processione, infatti, il prezioso simulacro d’argento dell’Immacolata, lavorato, per incarico di P. Melchiorre Milazzo, allora guardiano del convento dei Frati Minori Conventuali di Naro, da Carlo Troisi e dal figlio Paolo, nativi dell’Isola di Malta, nella città della La Valletta, nel 1715.
La statua, alta mt. 2,10, pesante kg.240 circa, in origine aveva la testa e le mani in oro, ma dopo il furto avvenuto negli anni 70 furono rifatti con materiale meno pregiato. La sua struttura interna è composta da lastre di ferro, ricoperte esternamente da circa 100 lamine d’argento, tenuti insieme da chiodini anch’essi in argento.
Si dice che l’argento occorrente è stato ricavato dalla fusione di 12 grandi candelabri d’argento, alti mt. 1,40 ciascuno esistenti nella chiesa di San Francesco.
È antichissima tradizione, durante il periodo della sua novena, fare un pane tipico, chiamato muffuletta e mangiarlo per devozione all’Immacolata.
Il Natale
La magia del Natale, da qualche anno, viene vissuta a Naro con particolare fervore, con l’allestimento anche di siti caratteristici, che rendono più suggestiva l’atmosfera della notte Santa.
Viene allestito, infatti, con cura e dovizia, un singolare presepe dentro le gallerie ed all’esterno di una cava abbandonata (foto 82), esistente in località San Gaetano, alla fine della via Rotabile Agrigento ad ovest dell’abitato, ad opera di un gruppo di giovani gli amici del Presepe.
Il sito, meta anche di numerose scolaresche, non è solo una creazione artistica, ma anche un evento culturale e sociale.
Tradizioni e costumi di casa nostra messi insieme in una grande festa, che ogni anno richiamano visitatori e forestieri, anche da fuori provincia.
Ludica: i giochi di una volta
O ponti
È un giuoco prettamente maschile. Veniva fatto da ragazzi di età compresa tra i nove ed i tredici anni.
Il numero dei partecipanti variava di volta in volta.Il giuoco si svolgeva così:
Uno dei partecipanti faceva da “mastro o capo-giuoco” e si sedeva. Gli altri dopo la conta si dividevano in “cavalli” e “cavalieri”. Il primo, dei cavalli, poggiava la testa sulle ginocchia del capo-giuoco, il secondo sul dorso del primo e così, di seguito, fino a fare un ponte umano.
Quindi i cavalieri, che dovevano andare sopra, saltavano e si disponevano: il primo, più agile, addosso al primo cavallo, il secondo dietro a lui con un altro salto e, così, il terzo ed il quarto e via di seguito.
Il mastro doveva accertarsi che i cavalieri saltando non toccassero terra con la punta del piede, altrimenti commettevano “fallo” ed i cavalieri, come “pena”, si mutavano in cavalli.
Quando cavalli e cavalieri erano al loro posto, stavano fermi, senza muoversi, fino a quando il maestro diceva di “disfare” il ponte e si ricominciava e così di seguito.
tutte le pietre da terra, senza far cadere né la pietra che precedentemente era stata lanciata in aria né quelle che aveva già prelevato da terra.
A pitrudda
È un giuoco, anche questo maschile, i cui partecipanti potevano essere due, quattro o, al massimo, sei ragazzi, di età compresa tra i dieci e i quattordici anni.
Il giuoco procedeva così: si posavano le monete, tutte dello stesso valore, una per ogni partecipante, una sopra l’altra e dalla parte dello stesso verso, in terra. Quindi uno dei ragazzi, cui nel fare la conta sia toccato, si inginocchiava e vi lasciava cadere sopra, dall’altezza del suo petto o anche più vicino, un sassolino.
Se, nel colpire, egli faceva buon giuoco, vinceva le monete capovolte, se no, lasciava la mano al compagno e così di seguito.
E quattru cantuneri
Questo giuoco veniva fatto sia dalle bambine che dai ragazzi, in numero di cinque e di età compresa tra gli otto e i tredici anni.
Preferibilmente si praticava all’aria aperta, in estate, in questo modo: I partecipanti si contano e chi restava per ultimo, si piantava in mezzo, gli altri quattro si mettevano ciascuno ad uno spigolo di muro e di corsa si cambiavano l’un l’altro il posto. Chi stava nel mezzo correva ad occupare uno dei quattro angoli rimasti, momentaneamente, liberi. Se quello vi riusciva, l’altro, rimasto privo del posto, andava, a sua volta, nel mezzo e, così, il giuoco proseguiva.
A petra piglia
I ragazzi, di numero variabile e seduti per terra, mettevano sul suolo delle piccole pietre (mai meno di 10), quindi se ne buttava una in aria e, nello stesso tempo e con la stessa mano, si prelevava una pietra da quelle depositate in terra, quindi si recuperava, come un giocoliere, la pietra che intanto ricadeva. E così di seguito, fin quando il giocatore non riusciva a prendere tutte le pietre da terra, in uno o più lanci. Vinceva chi riusciva a recuperare tutte le pietre da terra, senza far cadere né la pietra che precedentemente era stata lanciata in aria né quelle che aveva già prelevato da terra.
A tavula longa
Veniva svolto da un gruppo di ragazzi (non meno di dieci). Si mettevano abbassati, un ragazzo dietro l’altro ed un pò distanti l’un l’altro. Il decimo ragazzo doveva saltare , uno per volta, al di sopra di quelli che stavano chinati. Se, durante il salto, uno dei ragazzi chinati veniva toccato, allora quello che, saltando, l’aveva toccato prendeva il suo posto e pagava anche una penitenza. Vinceva chi riusciva a saltare tutti i ragazzi che stavano chinati.
E così, di seguito, veniva a giocare chi aveva saltato senza penitenza e l’ultimo della fila.
https://www.comune.naro.ag.it/vivere-il-comune/storia-della-citta/tradizione/teatrale-estate-narese/
https://www.comune.naro.ag.it/vivere-il-comune/storia-della-citta/tradizione/gastronomica-la-buona-tavola/
Pagina aggiornata il 21/03/2024